Il cervello umano
è strutturato per consentirci di creare una realtà coerente e fare previsioni.
In effetti, non solo reagiamo agli eventi, agendo in conseguenza di ciò che è
già accaduto, ma siamo in grado di prevederli con largo anticipo. Queste
utilissime capacità fanno sì che ognuno di noi si costruisca una determinata
visione di sé, del mondo e, soprattutto, di come dovrebbero andare le
cose. Questo aspetto, però, spesso
comporta dei problemi. Avere un’immagine troppo precisa e delle idee rigide
rispetto a ciò che siamo e alle regole che governano la vita, se, da un lato,
ci fornisce sicurezza e ci rende più efficaci nell’agire, dall’altro ci espone
a frequenti momenti d’infelicità. Perlopiù, accade quando ci rendiamo conto che
le cose che controlliamo poco o nulla, sono infinitamente di più rispetto a
quelle che siamo in grado d’influenzare.
Il tempo, il traffico, l’economia, la politica, il lavoro, i condòmini, gli
amici e i famigliari dimostrano di essere, seppure in misura diversa,
impermeabili ai nostri comportamenti. Perciò, lamentarsi, arrabbiarsi,
deprimersi e, soprattutto, rimuginare sul perché le nostre aspettative – dai
banali contrattempi quotidiani ai grandi temi dell’esistenza – non siano
rispettate, non solo non cambia le situazioni, ma rappresenta un’enorme spreco
di energia e la maggiore fonte di sofferenza auto-generati. Ciò non significa
che non abbia senso impegnarsi o lottare per qualcosa, ma che è del tutto
normale che il resto dell’universo si muova seguendo le sue traiettorie senza
chiederci permesso. La flessibilità – che può anche derivare da equilibrio e
saggezza - implica soprattutto realismo. Questo concetto lo sintetizza molto
bene lady Macbeth – personaggio, per altri versi, da non prendere ad esempio -
quando afferma: “Quel che non ha rimedio non merita attenzione!”.
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